La fame cresce nel mondo.

Il rapporto 2021 sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, pubblicato congiuntamente dalle organizzazioni mondiali che si occupano del problema (ONU, FAO, IFAD, UNICEF, PAM e OMS), ha evidenziato l’aumento negli ultimi anni del numero di persone sottoalimentate, con una brusca impennata nel 2020 causata dalla pandemia di Covid-19.

Per combattere la fame è necessario rivedere complessivamente tutto il sistema alimentare, dagli aspetti naturali di terra, acqua e clima, a quelli tecnico agricoli, alla logistica e distribuzione, fino alla rete sociale ed economica che modella le relazioni, anche internazionali, tra produttori, distributori e consumatori.

La salute del pianeta

obiettivi ONU 2030 - Foto Felix Mittermeier

Per quanto riguarda il sistema naturale è chiaro che dobbiamo mantenere in salute il pianeta con consumi, processi di produzione e usi sostenibili delle risorse naturali .

Diversamente, con l’esaurimento delle risorse naturali e gli effetti negativi del degrado ambientale e dei cambiamenti climatici, andremo sempre più incontro a fenomeni di riscaldamento globale, desertificazione, siccità, eventi atmosferici violenti, acidificazione degli oceani e così via. Cioè a fenomeni che non permettono o che danneggiano pesantemente l’attività agricola generando di conseguenza povertà e fame.

Un’agricoltura sostenibile

Per ciò che concerne il sistema agricolo, l’agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile si propone di:

1 – Raddoppiare la produttività agricola e il reddito dei produttori di cibo su piccola scala consentendo loro l’accesso alla terra e sostenendoli attraverso interventi di formazione, finanziari, di mercato. Molto preoccupante è il fenomeno del land grabbing, cioè dell’accaparramento da parte di investitori di grandi superfici per un loro sfruttamento intensivo, iniziato nei primi anni di questo secolo e in forte crescita soprattutto nel Sud del mondo, che può causare povertà e costringere le popolazioni a migrare per mancanza di cibo e lavoro.

2 – Promuovere e supportare pratiche agricole che aiutino a proteggere gli ecosistemi, che rispondano alle nuove necessità determinate dai cambiamenti climatici e che migliorino la fertilità del terreno. Oggi in agricoltura si parla infatti di agroecologia, quindi dell’applicazione nella produzione di principi ecologici.

3 – Mantenere la diversità genetica delle sementi, delle piante coltivate, degli animali allevati. Secondo Slow Food su oltre 300.000 specie vegetali commestibili note, l’approvvigionamento mondiale dipende da sole 150. Mais, riso, patate e grano, da sole forniscono più della metà delle calorie consumate globalmente. Con l’agricoltura industriale e la monocoltura, il valore nutrizionale dei prodotti agricoli è fra l’altro diminuito. La biodiversità nel piatto con specie, varietà e animali locali, più resistenti perché “tarate” sull’ambiente specifico, potrebbe compensare questa perdita e ridurre l’uso in agricoltura di fitofarmaci, insetticidi, fertilizzanti e acqua.

Un altro aspetto da rivedere è quello della produzione di biocarburanti che ha raggiunto livelli record. Secondo i ricercatori dell’Istituto Internazionale di ricerca sulle Politiche Alimentari, negli Stati Uniti il 35% del raccolto del mais del 2021 e il 40% di olio di soia andranno alla produzione rispettivamente di etanolo e di biodiesel. A livello globale si trasforma in biodiesel ben il 15% degli oli vegetali, l’equivalente delle calorie necessarie per sfamare 320 milioni di persone all’anno. I biocarburanti da piantagioni non stanno in alcuni casi generando i risultati auspicati per la salvaguardia del pianeta, anche perché possono essere causa diretta o indiretta dell’aumento delle superfici coltivate e della conseguente diminuzione di quelle a pascolo e foresta.

Una rete di vendita adeguata

Obiettivi ONU - Omomotayo TajudeemPer costruire sistemi alimentari resilienti non è sufficiente aumentare la produttività agricola, ma si deve agire anche sul sistema logistico, distributivo e quindi su trasportostoccaggio, conservazionedistribuzione degli alimenti.

Dove c’è povertà vanno rafforzati i mercati locali che generano occupazione lungo la filiera alimentare e favoriscono la diversificazione della produzione e quindi una dieta più corretta della popolazione.

Come specificato nell’Agenda 2030, per combattere la fame è indispensabile lavorare anche sulla cooperazione internazionale, correggere le distorsioni di mercato e facilitare l’accesso alle informazioni, compresi i dati sulle scorte, al fine di limitare l’instabilità dei prezzi e speculazioni.

I conflitti e la fame

La fame può essere causa e conseguenza di conflitti. Spesso è proprio la fame ad innescare la spirale del conflitto e anche per questo è importante garantire ad ogni paese la sicurezza alimentare.

Obiettivi ONU 2030 - Pexels Ahmed AkachaLe guerre poi pregiudicano la produzione, il raccolto, la lavorazione, il trasporto, la commercializzazione e il consumo degli alimenti.

I danni all’agricoltura possono essere diretti perché le coltivazioni possono essere estirpate e gli animali requisiti, le aree possono essere inaccessibili, le attrezzature e le strutture danneggiate e perché può mancare la manodopera in quanto impegnata nell’attività bellica, o in conseguenza di  ferimenti, morti, sfollamenti.

Più della metà delle persone denutrite vive in paesi colpiti da conflitti e violenza. Pensiamo ad esempio a Somalia, Yemen, Repubblica Centroafricana, Ciad, Congo. Spesso la fame viene anche usata come arma di guerra, con azioni che vanno a ledere completamente i diritti dell’uomo.

La guerra genera guerra. Anche dove si è arrivati ad una pace il rischio di un conflitto violento è sempre presente. Uno studio della Banca Mondiale ha evidenziato che dei 103 paesi che hanno vissuto una guerra civile dopo il 1945, nell’arco di 65 anni solo 44 hanno evitato una ricaduta dopo gli accordi di pace. In pratica le guerre in corso sono la prosecuzione di guerre precedenti.

L’incertezza, l’instabilità di un paese può poi modificare le scelte dei contadini e indirizzarli su culture a seminativo, a ciclo breve, non su colture arboree o sull’allevamento più remunerativi e quindi far diminuire la ricchezza del paese e il benessere della popolazione.

Secondo l’ONU il conflitto che ci tocca più da vicino, cioè quello tra Ucraina e Russia, farà aumentare in modo consistente il numero di persone denutrite, soprattutto nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa che più dipendono da loro per gli approvvigionamenti di grano.

Con i conflitti i prezzi delle derrate alimentari lievitano sui mercati mondiali anche per effetto di acquisti dettati dal panico. C’è poi il rischio che i paesi adottino strategie per l’incremento della produzione interna senza tenere in considerazione delle conseguenze, a più lungo termine, su cambiamenti climatici e biodiversità e dell’impatto delle loro scelte su altri paesi.

Obiettivi ONU 2030

Secondo i ricercatori dell’Istituto internazionale di ricerca sulle Politiche alimentari, per molti paesi l’autosufficienza sarebbe troppo costosa e per altri pericolosa. Cosa succederebbe ad esempio se per un’avversità particolare (es. parassita, eventi atmosferici) a quel paese venisse a mancare una parte sensibile del raccolto? Per gli esperti il problema della fame non si risolve quindi con la completa autosufficienza, ma con la diversificazione e il buon funzionamento di un mercato più ampio che, in quanto tale, può attutire le eventuali difficoltà dei singoli stati. In sintesi con un sistema alimentare globale in equilibrio.

Di povertà e fame abbiamo parlato noi DONNE del Cibo; nello specifico la sottoscritta, l’operatrice culturale Tamara Gaiatto, la ricercatrice Virginia Zanni, la tecnologa alimentare Francesca De Vecchi e la giornalista Elena Consonni,  il 29 marzo e il 19 aprile nell’ambito del progetto “Dritte al punto… della sostenibilità. Le donne del cibo raccontano gli obiettivi ONU 2030“.

Le dirette si possono riascoltare qui sulla pagina Facebook di Donne del cibo – Racconti di cultura alimentare.

 

22 aprile 2022