Quando si parla di spreco alimentare il pensiero va subito alle fasi finali della filiera e quindi al cibo buttato in attività di vendita, nella ristorazione e nelle nostre case.
In un mondo che non riesce a soddisfare i fabbisogni alimentari di tutta la popolazione il concetto di spreco è però ben più ampio, interessa tutta la filiera e si lega a quello di “perdita”, termine solitamente riferito alla produzione.
Lo spreco può avere gravi conseguenze anche su clima, ambiente e società e quindi per l’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca non ci si può limitare alla ricerca di un uso efficiente delle risorse e della sicurezza alimentare, intesa come garanzia di cibo di buona qualità per tutti, ma si devono tutelare anche sistemi sociali ed ecologici.
Lo spreco, perdite incluse, può avere diverse origini e cause.
Nei paesi più industrializzati nasce soprattutto dall’eccesso di produzione e dai modelli di acquisto mentre nel Sud del mondo è dovuto per la maggior parte dei casi alla mancanza di infrastrutture, di tecniche di coltivazione e raccolta efficienti, a carenze nello stoccaggio, nei trasporti e nella distribuzione.
Sprechi e perdite in agricoltura
Con l’agricoltura intensiva e l’uso massiccio di prodotti chimici di sintesi (fertilizzanti, diserbanti, fitofarmaci), i terreni hanno perso sostanza organica, sono diventati meno fertili e di conseguenza meno produttivi. Con l’aumento di siccità e temperature si sta andando incontro a fenomeni di desertificazione anche in molte aree del nostro paese.
Le perdite in agricoltura possono inoltre derivare da calamità naturali, condizioni climatiche avverse alle colture, da diffusione di parassiti e malattie di piante ed animali; situazioni sempre più frequenti con i cambiamenti climatici in corso.
Sicuramente l’agricoltura di precisione e le nuove tecnologie digitali dell’agricoltura 4.0 (IoT, Big Data, Intelligenza artificiale, Robotica) porteranno ad interventi mirati, ad esempio nell’uso di prodotti chimici, e alla riduzione di perdite e sprechi nel settore primario, ma comunque a monte ci dovranno essere adeguate scelte strategiche, colturali ed agronomiche da parte dell’imprenditore agricolo perché, in termini complessivi, la maggior sostenibilità sarà sempre data dalla prevenzione e dalla resistenza, per quanto possibile, all’insorgere e sviluppo dei problemi.
Lo spreco in agricoltura può verificarsi poi con la mancata raccolta o immissione del prodotto nel circuito di vendita all’ingrosso perché il suo prezzo di mercato è troppo basso e pertanto non consente al produttore ricavi adeguati e/o il recupero dei costi. Spesso si tratta di produzioni facilmente deperibili e per questo l’agricoltore può trovarsi ad affrontare manovre di mercato anche di tipo speculativo, finalizzate proprio all’abbassamento del prezzo di ritiro/acquisto.
Nel 2017 CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria aveva quantificato, su dati ISTAT 2015, nel 2,2% della produzione agricola nazionale le quantità non raccolte, fra cui prevalevano gli ortaggi.
Naturalmente i dati possono essere di anno in anno molto variabili sia sulle quantità che sul tipo di prodotto, perché condizionati da mercati e andamenti stagionali.
Per evitare surplus di produzione e per un’equa distribuzione dei ricavi nella filiera è importante lavorare su pianificazione, accordi di filiera, nonché sulla maggior trasparenza dei mercati.
Parte del raccolto non giunge alle nostre tavole perché di aspetto non conforme agli standard richiesti dal mercato. Per evitare questo spreco un ruolo importante ce l’abbiamo invece noi consumatori che dovremmo essere meno esigenti al momento dell’acquisto.
L’importanza della prevenzione
In un approccio sistemico e strutturale del nostro sistema alimentare possono però essere considerati sprechi/perdite anche il consumo del suolo per usi diversi dall’agricoltura, il mancato utilizzo delle risorse foraggere nell’allevamento, ad esempio per abbandono del territorio, l’uso di prodotti edibili per la produzione di carne e latte e di biocarburanti, nonché la dispersione di risorse idriche.
I livelli di spreco sono strettamente legati alla struttura di ogni sistema alimentare, generalmente gli agroindustriali generano più spreco di quelli a filiera corta, locale.
A questo proposito, nel Rapporto 2018 – Spreco alimentare, un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali, ISPRA sostiene che le filiere corte o locali si caratterizzano per:
– miglior programmazione e coordinamento della produzione e del consumo
– miglior gestione dell’invenduto
– maggior controllo dei vincoli tecnici e commerciali nelle filiere
– maggior consapevolezza e sensibilizzazione dei consumatori
– determinazione più equa del prezzo del cibo
Per quanto riguarda la trasformazione sempre più le soluzioni tecnologiche mitigano la formazione di rifiuti e aumentano l’efficienza nella produzione industriale.
Oggi si parla infatti di economia circolare per preservare il valore aggiunto dei prodotti trasformandoli in altri prodotti e di bioeconomia per il recupero e riciclo di rifiuti biologici.
Bisogna però far attenzione a non concentrarsi esclusivamente su interventi a valle, perché si potrebbero generare “storture” rendendo addirittura conveniente la creazione dello spreco.
Per ISPRA è quindi necessario lavorare su una prevenzione strutturale anche attraverso il ripensamento del settore primario.
Di questi temi ho parlato il 7 giugno scorso nella diretta Facebook dedicata all’obiettivo n.12 – Produzione e consumo sostenibili della serie Dritte al punto… della sostenibilità. Le Donne del cibo raccontano gli Obiettivi ONU 2030.
31 maggio 2022