Le tecniche di analisi del latte per la produzione di formaggio sono sempre più sviluppate ed automatizzate.

A volte ripensando al passato non riesco a capacitarmi di come le modalità di controllo del latte destinato alla trasformazione siano completamente cambiate in un arco temporale ristretto a poche decine d’anni.

Sono stata uno dei primi tecnici ad operare all’interno dell’Associazione Allevatori in un progetto nazionale per il miglioramento della qualità del latte, promosso dal Ministero dell’Agricoltura e finanziato dall’allora Comunità Europea (CE). Nei primi anni ’80 c’erano nella mia regione, il Friuli Venezia Giulia, più di seicento latterie (caseifici) sociali per lo più a gestione turnaria ed io ho potuto respirare la vita di latteria, proprio svolgendo l’attività di prelievo e di analisi del prodotto conferito.

Gli allevatori portavano in latteria ogni giorno il latte appena munto con quello della mungitura della sera precedente, in appositi contenitori di alluminio od acciaio, che veniva pesato e versato in apposite bacinelle e poi in caldaia per la trasformazione in formaggio.

Il casaro annotava il quantitativo su un grande registro di latteria e sul libretto del socio conferitore identificato da un numero.

Le quantità erano molto variabili, da alcuni quintali a pochi litri, perché nella stalla ci potevano essere tante o anche una sola bovina da latte. Di solito l’orario di ricevimento era dalle 6 – 6,30 alle 8 – 8,30 ed in ogni latteria c’erano soci più mattinieri e soci abitualmente in ritardo. D’estate arrivavano tutti presto per sfruttare il più possibile le ore di luce per i lavori nei campi, mentre d’inverno c’era la tendenza ad alzarsi un po’ più tardi. La domenica tanti arrivavano vestiti a festa, pronti per andare a bere il caffè al bar in compagnia e per andare poi a messa.

formaggi a latte crudoAl momento della pesatura il latte veniva filtrato tramite un colino che più di qualche volta permetteva di scoprire filamenti, grumi, ed altre alterazioni visibili derivate da infiammazioni alla mammella (mastiti) o dalla cattiva conservazione del latte della sera e che quindi secondo regolamento non si sarebbe dovuto conferire. Quanto l’allevatore fosse già a conoscenza del problema non è dato sapere. A fronte delle rimostranze del casaro, perché il latte alterato avrebbe potuto creare difetti nel formaggio, la reazione era sempre di innocente sorpresa!

C’erano poi allevatori molto scrupolosi che non conferivano il latte di bovine che avevano partorito da poco senza aver prima portato un campione al casaro affinchè ne verificasse l’assenza di caratteristiche colostrali.

Le frodi più frequenti e biasimate erano la spannatura, cioè il prelievo della panna affiorata sul latte della sera e l’annacquamento, cioè l’aggiunta d’acqua per aumentare le quantità.

Uno dei primi strumenti di mestiere che ho avuto in dotazione è stato il lattosudiciometro, una grande siringa con cui veniva aspirato un campione di latte dai bidoni e nella quale veniva inserito un piccolo filtro in corrispondenza del raccordo.

L’uso del lattosudiciometro è stato a mio avviso strategico per indurre gli allevatori a prestare maggior attenzione all’igiene del latte.

In quegli anni in molte stalle si mungeva ancora a mano, talvolta senza curare la pulizia della mammella e la mungitrice (questa sconosciuta!) spesso non veniva sottoposta ad un adeguato lavaggio in tutte le sue parti. Se il colore del filtro inserito nel lattosudiciometro con il passaggio del latte diventava di varie tonalità di marrone, era chiaro che le condizioni igieniche di mungitura lasciavano un po’ a desiderare.

A quel tempo non c’erano leggi sulla privacy e tutti i filtri, contraddistinti dal numero di libretto che identificava il socio, venivano ben esposti. Poiché essere additato come un allevatore poco attento alla pulizia era una vergogna, si poteva star tranquilli che ripetendo l’esame il giorno successivo tutti i filtri sarebbero stati bianco…latte!

Ai nostri giorni il latte viene raccolto con mezzi muniti di cisterna direttamente in azienda, i campioni sono prelevati ed analizzati automaticamente e frequentemente per diversi parametri igienico sanitari. L’allevatore non porta più personalmente il latte in latteria e con il pagamento del latte a qualità a determinati dati di analisi corrisponde un relativo valore commerciale del prodotto.

Mi piace però ricordare quei momenti in cui con una finta indifferenza l’allevatore aspettava con apprensione l’estrazione del suo filtro dal lattosudiciometro e di come si scioglieva in un sorriso di sollievo e di orgoglio alla vista di un colore bianco latte. La sua soddisfazione in fondo era però di tutti i presenti, perché con un buon latte era garantita anche la qualità del formaggio!

 

28 gennaio 2018