Quand’ero bambina gli uomini del mio paese si dividevano per le loro passioni in cacciatori e pescatori.

Mio padre rientrava nel secondo gruppo e qualche volta mi concedeva di accompagnarlo a pesca al fiume Livenza, vicino a casa, con la promessa che sarei stata zitta e che non avrei quindi “disturbato” il pesce facendolo allontanare. Mio padre pescava con la canna da riva usando come esca lombrichi trovati nella terra più soffice ricca di humus ed infilzati accuratamente sull’amo.

Le acque limpide del Livenza offrivano in abbondanza temoli e trote delle specie autoctone fario e marmorata, a cui si è aggiunta nel tempo la trota iridea importata dall’America Settentrionale per l’allevamento.

Non c’erano i ripopolamenti dei nostri giorni, cioè l’immissione di giovani esemplari di allevamento, e le trote non abboccavano facilmente all’amo perché avevano elaborato proprie tecniche di sopravvivenza ed erano quindi molto sospettose.

La presenza a tavola della trota, a quel tempo non considerata un pesce di particolare pregio, era pertanto condizionata dall’abilità e dalla pazienza del pescatore.

La disponibilità di questa specie animale è poi invece cresciuta negli anni con la diffusione in zona del suo allevamento.

L’allevamento della trota in Friuli Venezia Giulia

L’allevamento della trota si è sviluppato in Friuli Venezia Giulia a partire dagli anni 60-70, con un vero e proprio boom negli anni 80, e si è concentrato soprattutto nell’area idrologica delle Risorgive che attraversa la pianura friulana e le cui acque risultano per quantità, purezza e caratteristiche fisico-chimiche ideali per la crescita e la salute della trota.

Secondo i dati riportati nel Piano Strategico per l’acquacoltura in Italia 2014 – 2020 del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Friuli Venezia Giulia detiene a livello nazionale il primato regionale per la produzione di trote.

La specie allevata è l’iridea in quanto più resistente e con un più veloce accrescimento rispetto a quelle autoctone. La sua alimentazione con mangimi contenenti carotenoidi provenienti da fonti naturali (es. da sottoprodotti della lavorazione di crostacei, da lieviti, da alghe) o di sintesi, determina la colorazione aranciata delle carni che dà origine alla trota salmonata.

Le tecniche di allevamento

Spesso la gente si chiede quanto sia diverso il pesce d’allevamento dal pescato.

Premesso che la qualità di un pesce nato e cresciuto nel suo ambiente naturale è sicuramente di livello superiore, la risposta è che comunque la distanza fra i due è strettamente legata alle tecniche di allevamento adottate e da quanto queste sono vicine alle condizioni in cui vivrebbe il pesce in acque libere.

Per l’ottenimento di un prodotto di qualità, con carni magre, compatte e con grassi di elevata qualità nutrizionale, sono quindi fondamentali i seguenti aspetti:

– bassa densità dei pesci nelle vasche di allevamento,

– ricambio costante delle acque per una buona ossigenazione,

– alimentazione equilibrata e non forzata del pesce allevato.

In Friuli Venezia Giulia è stato elaborato un disciplinare di produzione a cui hanno aderito alcuni allevamenti per potersi fregiare del marchio di qualità AQUA (Agricoltura, Qualità, Ambiente).

Va sottolineato che per poter garantire la qualità delle produzioni anche in questo caso è indispensabile il controllo di tutta la filiera.

Un altro aspetto oggi sempre più oggetto di attenzione è poi quello della sostenibilità ambientale dell’allevamento ed in particolare dell’inquinamento dei corsi d’acqua con le acque reflue. Per questo, oltre al controllo dei loro valori fisico-chimici, sono determinanti competenza e professionalità degli operatori.

A proposito di utilizzo dei reflui e risparmio idrico ed energetico, voglio segnalare il progetto transfrontaliero Italia-Slovenia BLUEGRASS, promosso dalle Università di Venezia e Lubiana, dall’UTI (Unione Territori Intercomunali) del Noncello e dalle cooperative Kz – Agraria e Shoreline, che prevede lo studio dell’acquaponica, cioè della combinazione di allevamento di pesce d’acqua dolce con coltura idroponica di ortaggi per la  creazione di sistemi circolari e sostenibili in piccole realtà produttive. A tal fine saranno realizzati due impianti pilota, uno nel pordenonese e l’altro in Slovenia.

I prodotti trasformati

La grande svolta e l’attribuzione di un giusto valore alla trota è arrivata con l’introduzione sul mercato di tanti nuovi prodotti, raffinati, versatili e pronti per la cottura o per l’uso, ricavati dalle sue carni e con spesso il controllo di tutta la filiera agroalimentare da parte degli stessi produttori.

Pur avendo ottime qualità nutrizionali (le carni sono ricche di Omega 3 e povere di colesterolo!) ed un gusto delicato, come già detto sopra la trota era infatti considerata un pesce di serie B.

Negli ultimi anni filetto, hamburger, involtini, bocconcini, ecc. di trota, pronti da cuocere sono diventati d’uso comune nelle nostre case e nella ristorazione anche collettiva (es. mense scolastiche, ospedaliere, aziendali).

Filetti agli aromi, affumicati a freddo o a caldo, carni marinate e uova sono poi valorizzati nella ristorazione in preparazioni eleganti ed originali. In Friuli Venezia Giulia la presenza nel menù di piatti a base di trota è diventato un elemento che caratterizza la cucina locale.

Il legame della trota con la tradizione regionale è testimoniato anche dall’iscrizione della Trota affumicata di San Daniele nell’Elenco MIPAAF dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) del Friuli Venezia Giulia.

Per concludere, se ancora non conoscete a fondo questo pesce, non posso far altro che invitarvi a provarlo in tutte le sue sfumature.

E perché non farlo con un’esperienza turistica direttamente nel luogo di produzione in Friuli Venezia Giulia?

 

15 giugno 2018